Mentre si conclude la vendemmia delle uve a bacca rossa, in cantina i mosti di Turbiana sono già in fermentazione, sia in vasca che in tonneau.
È una fase delicata, alla quale aggiungiamo (volutamente) un'altra criticità: l'uso dei lieviti indigeni in sostituzione di quelli industriali.
Prima di raccontarvi il "perché", vediamo rapidamente il "come": al momento della vendemmia, pigiamo una piccola quantità di uva Turbiana, lasciando macerare succo, bucce e graspi in piccoli tini.
Questi "inneschi di fermentazione", i cosiddetti pied de cuve, grazie all'azione dei lieviti naturalmente presenti inizieranno presto a ribollire e i ceppi più virili, potenti (e forniti del corredo aromatico più ampio e interessante) si riprodurranno con rapidità, a discapito di quelli più deboli.
Dopo alcune ore, il pied de cuve è pronto per essere aggiunto a ciascuna vasca e tonneau. Ne è preparato uno per ciascuna parcella, così che ai mosti di ogni vigna possiamo inoculare i loro propri lieviti.
La motivazione? I ceppi in commercio, nonostante la loro costante evoluzione, non riescono a far emergere il potenziale delle nostre Turbiana: ne livellano il gusto, manca l'enfasi sul corredo aromatico di questa straordinaria varietà d'uva.
Il lievito indigeno, nato e cresciuto sull'acino, permette invece di massimizzarlo, rafforzando il senso di appartenenza tra territorio e vino.